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Prevenire il rischio allergologico da animali di laboratorio

Una nuova pubblicazione Inail affronta il tema delle allergie da animali da laboratorio. Il rischio allergologico, gli ambienti degli stabulari, i soggetti esposti, la formazione, l’anamnesi e le strategie di gestione del rischio.
 

Roma, 6 Feb – Nell’ambito della valutazione dei rischi, colonna portante del sistema prevenzionale normato dal Decreto legislativo 81/2008, il rischio allergologico di origine biologica rappresenta un rischio che può essere presente in numerosi ambienti lavorativi, ma di cui non sempre esiste, tra i lavoratori e gli operatori, adeguata consapevolezza.

Per esempio in Italia non è ancora sufficientemente riconosciuto il rischio allergologico da LAA (Laboratory Animal Allergy) e non sono state fornite – a differenza di altri paesi come il Regno Unito e gli USA – specifiche informazioni scientifiche e buone prassi. E tecnici degli stabulari, veterinari, ricercatori sono tra le figure professionali, presenti e operanti negli ambienti degli stabulari, che sono soggetti alle allergie da animali da laboratorio.

Ricordiamo che gli “stabulari” sono strutture apposite che ospitano gli animali da laboratorio utilizzati nella ricerca scientifica e che, a seconda della tipologia della struttura, hanno un diverso regime autorizzativo (Ministero della salute o Comune) e di controllo istituzionale (Ministero della salute o Asl territoriale).

 

Per diffondere tra tutti gli attori della prevenzione la conoscenza di questo rischio allergologico e delle misure di controllo, prevenzione e protezione da mettere in atto per ridurre al minor livello possibile le fonti di esposizione agli allergeni animali maggiormente rappresentativi negli stabulari, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’ Inail ha recentemente realizzato il documento “Allergia da animali da laboratorio (LAA) – Manuale informativo”. Un manuale che sottolinea – come evidenziato nella presentazione – che la gestione del rischio allergologico deve essere attuata “attraverso un sistema di controllo identificato come APC (Allergy program control) che prevede la valutazione, l’identificazione, il monitoraggio, il controllo di tutti i fattori esogeni ed endogeni e delle misure metodologiche da mettere in atto nell’ambito di ampie strategie e programmi il cui fine ulteriore è di disporre di risorse tecnologiche e strumentali efficaci per il trasferimento di conoscenze e informazioni”.

 

Il manuale indica dunque che nell’ambito dei rischi occupazionali di natura allergica bisogna annoverare il rischio derivante dall’esposizione ad animali da laboratorio che “può causare la cosiddetta allergia da animali da laboratorio (LAA – Laboratory animal allergy)”.

Si ricorda poi che gli stabulari rappresentano ambiti occupazionali regolamentati da normative specifiche e che il d.lgs. 26/2014 e il d.lgs. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) “rappresentano regolamenti normativi che non possono e non devono essere scissi ai fini della tutela del benessere e della salute animale e umana”.

 

Segnaliamo, a questo proposito, che “la realizzazione e il mantenimento delle condizioni tecniche/strutturali degli stabulari, come anche la tutela del benessere animale, devono rispondere ai requisiti specifici previsti dalla normativa italiana ed europea”. E in Italia, il punto di riferimento legislativo per chiunque “intenda effettuare attività di ricerca con l’utilizzo di animali da laboratorio è rappresentato dal d.lgs. 26/2014, entrato in vigore il 4 marzo 2014, recependo così la dir. 2010/63/UE. Il d.lgs. 26/2014 ha sostituito il d.l. 116/1992”. Inoltre per quanto riguarda la sistemazione e la tutela degli animali impiegati nella sperimentazione scientifica, “tutti i paesi europei, compresa l’Italia, fanno riferimento alla raccomandazione europea 2007/526/CE. Gli stessi requisiti, infatti, si ritrovano anche nell’Allegato III della direttiva europea e della normativa italiana”.

 

Si indica poi che il rischio allergologico, a differenza di altre tipologie di rischi, presenta “alcune peculiarità derivanti dalla maggiore difficoltà di identificare, valutare, quantificare e quindi prevenire l’esposizione dovuta al concorrere di molteplici fattori coinvolti nella ezio-patogenesi delle allergie in generale e della LAA in particolare. Ulteriori criticità nello studio della LAA sono rappresentate dal ridotto numero di allergeni identificati e caratterizzati delle specie animali stabulate, delle fonti degli allergeni, delle relazioni dose/risposta”.

 

Sono riportati nel manuale, rilevati da vari studi internazionali, alcuni aspetti fondamentali relativi alla LAA:

– “gli allergeni e le fonti derivanti dalle specie animali stabulate: le urine dei topi e dei ratti maschi sono le principali fonti di allergeni e altre fonti sono rappresentate da derivati dermici, peli e saliva; il liquido lacrimale dei conigli rappresenta la loro principale fonte di allergeni;

– le categorie di lavoratori principalmente esposti: gli addetti agli stabulari, i tecnici, i ricercatori, i veterinari che sono a diretto contatto con gli animali stabulati sono a maggior rischio di esposizione a LAA;

– le strategie di gestione del rischio, ovvero la valutazione e le misure di prevenzione per la riduzione del rischio da esposizione: devono essere realizzate adeguate condizioni di stabulazione con sistemi di contenimento che tengano conto del benessere degli animali, della operatività nella ricerca, della tutela della salute dei lavoratori;

– l’anamnesi clinica-occupazionale dei lavoratori attraverso la compilazione di specifici questionari: la conoscenza delle varie sintomatologie/patologie di ciascun lavoratore, quali congiuntivite, rinite, asma, eczema, che compaiono entro i primi tre anni dall’inizio dell’attività lavorativa, della storia occupazionale pregressa e attuale, dell’informativa riguardante l’esposizione in ambienti di vita quali la presenza di animali domestici, rappresenta una fonte di informazioni necessarie a contribuire alla tutela della salute dei lavoratori;

– l’informazione, la formazione, l’addestramento, la comunicazione attraverso varie modalità e strumenti: la conoscenza delle varie modalità di esposizione agli allergeni, diretta e/o indiretta, nell’ambiente di lavoro e di vita, delle misure di controllo, di prevenzione e comportamentali da mettere in atto nell’ambiente di lavoro e di vita, del proprio profilo immunologico e della reattività a specifici allergeni fornisce informazioni sulle caratteristiche essenziali per una partecipazione attiva nell’ambito della gestione del rischio allergologico”.

 

Rimandando alla lettura di questo manuale, che affronta diversi aspetti riguardanti la LAA, con particolare riferimento alla stabulazione di topi e ratti, riprendiamo alcune indicazioni relative alla importanza, nella stima del rischio e nella pianificazione e implementazione delle misure di prevenzione e protezione, della individuazione dei lavoratori con maggiore esposizione e in particolare quei lavoratori suscettibili e/o con storia pregressa di allergia di vario tipo.

 

E la tutela dei lavoratori potenzialmente esposti ad allergeni animali negli stabulari “deve quindi essere attuata attraverso strategie di controllo e prevenzione che tengano conto della valutazione del rischio e delle misure finalizzate alla riduzione/eliminazione del rischio stesso. È necessario predisporre e attuare misure tecniche, organizzative, procedurali, comportamentali che tengano conto delle caratteristiche strutturali degli stabulari e quindi del contenimento fisico degli animali e degli allergeni da essi derivati, delle misure di prevenzione e protezione (MPP) utilizzate dai LAWs” (Laboratory animal workers).

Ad esempio l’adozione dei DPI quali “copriscarpe, camici, mascherine, occhiali protettivi o visiera, copricapo e guanti monouso, devono contribuire a tutelare la salute dei lavoratori a contatto diretto e/o indiretto con gli allergeni da animali da laboratorio”. E, come già indicato, la compilazione di “questionari finalizzati alla conoscenza dell’anamnesi clinica e occupazionale dei lavoratori rappresenta uno strumento valido per l’individuazione dei soggetti suscettibili, così come la valutazione delle suscettibilità sierologiche attraverso metodologie analitiche specifiche. La possibilità di attuare visite mediche preventive periodiche in lavoratori esposti ad allergeni derivanti da animali da laboratorio rappresenta un ulteriore strumento da utilizzare nella valutazione del rischio”.

 

Senza dimenticare, infine, che i lavoratori “devono essere resi consapevoli del potenziale rischio allergologico da LAA e dell’importanza di adottare e rispettare tutte le misure di controllo e prevenzione che non devono necessariamente prevedere, come misura preventiva, l’allontanamento del lavoratore dalla sua mansione”.

 

Riportiamo, in conclusione, l’indice del documento Inail:

 

Introduzione

 

Allergia da animali da laboratorio (LAA)

Normativa per l’utilizzo del modello animale nella ricerca scientifica

Normativa in ambito occupazionale

Metodi per la valutazione della sensibilizzazione allergica

Metodi per la valutazione della presenza ambientale degli allergeni

È possibile prevedere il rischio di sensibilizzazione allergica ad animali da laboratorio in alcune tipologie di soggetti a rischio?

Misure di controllo, prevenzione, protezione

 

Riferimenti normativi

Sitografia

Glossario

Abbreviazioni

Bibliografia

Approfondimenti

Selezione di alcuni lavori scientifici riguardanti la LAA

Alcune informazioni utili sulle procedure da mettere in atto

Procedure suggerite da documenti internazionali

Proposta di gestione della LAA

 

 

 

Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail, “ Allergia da animali da laboratorio (LAA) – Manuale informativo”, con testi di Maria Concetta D’Ovidio, Annarita Wirz, Gennaro Liccardi, Paola Melis, Simona Di Renzi e Maria Cristina Riviello e il coordinamento scientifico di Maria Concetta D’Ovidio (Inail – Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale), versione 2016, pubblicazione gennaio 2017 (formato PDF, 724 kB).

 

 

 

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RTM

 

Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 

Fonte: puntosicuro.it

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