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Settore metalmeccanico: l’esposizione alle radiazioni ionizzanti

Un documento sulla prevenzione dei rischi nelle aziende metalmeccaniche si sofferma sull’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Le radiazioni, gli irraggiamenti, le sorgenti sigillate e non sigillate, la normativa e i materiali metallici di recupero.
 

Roma, 25 Ott – Abbiamo presentato in questi anni i rischi correlati all’esposizione a radiazioni ionizzanti partendo dai possibili effetti sulla salute e, generalmente, se non per le applicazioni medico-sanitarie, senza far riferimento ai rischi specifici all’interno di un particolare comparto lavorativo.

 

 

Dopo aver presentato le radiazioni ionizzanti – “così dette perché sono in grado di ionizzare la materia, cioè di attraversarla e di cederle energia, inducendo in essa delle trasformazioni a livello atomico” – il documento si ricorda che le tali radiazioni “hanno un largo impiego in ambito sanitario e, in misura più limitata, in ambito industriale. Mentre nel primo caso l’esposizione a radiazioni è volontariamente applicata in modo controllato per fini diagnostici e terapeutici, nel secondo è assolutamente indebita e quindi da escludere in modo rigoroso. La possibilità di contaminazione, definita irraggiamento, che si verifica quando le radiazioni raggiungono e penetrano nell’organismo umano, dipende, oltre che dalle modalità dell’esposizione, anche dalle caratteristiche delle radiazioni stesse”.

 

Il documento, che vi invitiamo a visionare, opera poi distinzioni tra:

– irraggiamento esterno: “quando le radiazioni raggiungono la cute attraversando l’aria, se si tratta di raggi, o per contatto accidentale con sostanze radioattive, se si tratta di sorgenti o materiali radioattivi;

– irraggiamento interno: quando si ha inalazione o ingestione di sostanze (polveri, gas) che emettono radiazioni. In questo caso, l’effetto sugli organi interni è molto più diretto e persistente”.

Inoltre a livello di sorgente si parla di:

– sorgenti sigillate: consistono in elementi radioattivi “incapsulati in contenitori di piombo e acciaio inossidabile che impediscono il rilascio delle sostanze contenute”;

– sorgenti non sigillate: “più facilmente disperdibili sotto forma di polveri, liquidi o gas”.

 

In particolare nell’applicazione industriale, le sorgenti sigillate sono impiegate per:

–  “Gammagrafie, con impiego di radiazioni γ, per controlli non distruttivi di saldature, qualità di getti di fusione, ecc;

– Analisi di materiali con tecniche di fluorescenza e impiego di radiazioni X;

– Misurazione di spessore di vari materiali, come fibre tessili, plastiche, carta, metalli, e di livello del contenuto di serbatoi, con impiego di radiazioni γ e β;

– Processi industriali di sterilizzazione, polimerizzazione, conservazione, con impiego di radiazioni γ;

– Applicazioni diverse come parafulmini, rivelatori di incendio, stabilizzatori di scarica, scaricatori elettrostatici;

– Utilizzo di materiale di rottamazione per seconde fusioni, contenente sorgenti dismesse”.

 

Inoltre può accadere che “materiali metallici di recupero, particolarmente se di provenienza estera, contengano materiali radioattivi. Qualora non identificati, questi possono contaminare le fusioni, gli impianti di fusione, e tutti i semilavorati e prodotti finiti che ne derivano. La possibile irradiazione è legata principalmente ad alcune fasi operative delle attività sopra citate, quando cioè l’elemento radioattivo necessario per compiere le misurazioni viene estratto dal suo involucro, fase automatica comandata a distanza; l’irradiazione può avvenire quando non sono rispettate le distanze di sicurezza e ci si trova nel raggio d’azione dell’elemento radioattivo”. E non trascurabile è “l’esposizione a sorgenti abbandonate e non riconosciute, come i vecchi rilevatori di fumo o i parafulmini dimessi”.

Si ricorda che le sorgenti non sigillate sono “principalmente impiegate nelladiagnostica medica nucleare, ad esempio nella scintigrafia, che indaga organi specifici ai quali è fatto pervenire un tracciante radioattivo. La possibilità di contaminazione è legata alla conservazione e alla manipolazione dei radioisotopi, alla pulizia e allo smaltimento di liquidi biologici contenenti elementi radioattivi”.

 

Il documento si sofferma poi sugli effetti biologici, cioè le trasformazioni che avvengono sull’organismo dovute all’assorbimento di energia nei tessuti, e riporta alcune indicazioni su normative e prevenzione.

 

In particolare si ricorda che l’utilizzo di sorgenti e macchine radiogene è “disciplinato da numerose norme tra cui il Decreto Legislativo 230 del 17 marzo 1995, modificato dal Decreto Legislativo n. 241 del 26 maggio 2000”.

Queste norme specificano il “regime autorizzativo, come le comunicazioni di detenzione e di cessazione di detenzione di sorgenti o impianti (art. 22 e 24), le condizioni di esenzione, e le disposizioni di radioprotezione”. Ed è prevista la “nomina di un Esperto Qualificato, un fisico abilitato e iscritto a un apposito albo, che provvede a redigere una relazione preventiva contenente la valutazione e le indicazioni di radioprotezione, la definizione delle zone a rischio, dette controllate e sorvegliate, la verifica delle installazioni, la definizione delle categorie di esposizione (A e B) dei lavoratori, la programmazione della sorveglianza ambientale e delle dosimetrie personali (sorveglianza fisica). La sorveglianza sanitaria è invece affidata al Medico Autorizzato, anch’esso abilitato specificamente alla radioprotezione”.

 

In pratica – continua il documento – le disposizioni operative sulla radioprotezione “sono stabilite per ogni specifico impianto dall’Esperto Qualificato, e riportano ad esempio il tipo e la posizione delle schermature da predisporre in modo da isolare l’area anche al di sotto e al di sopra della sorgente o nella zona di impatto dei fasci di radiazioni, i controlli preliminari e finali degli impianti (ad esempio la taratura o il controllo della contaminazione ambientale), la presenza di segnalazioni di avvertimento, la minimizzazione degli operatori impiegati e il contenimento dei tempi di esposizione, l’allontanamento di personale non direttamente interessato all’attività”. E in questo senso le indicazioni di comportamento “non sono di ordine generale, bensì specifiche per ogni tipo di attività, di impianto, di luogo fisico dove questa si svolge: l’unica figura di riferimento che può intervenire per modificarle, integrarle, correggerle è l’Esperto Qualificato, che è anche responsabile della loro efficacia”.

 

Ricordiamo infine che nel caso di “utilizzo di materiali metallici di recupero, rottami o semilavorati provenienti da seconde fusioni di rottami, è utile richiedere al fornitore una certificazione che il materiale sia stato sottoposto a misure radiometriche”.

Infatti l’art. 157 del già citato Decreto Legislativo 230/1995 e le norme locali applicative di alcune regioni italiane impongono la “sorveglianza radiometrica a chi commercializza e recupera, mediante fusione, rottami metallici. Non è infrequente, infatti, che vengano ritrovate sorgenti o materiali contaminati, soprattutto nei materiali di recupero”.

 

 

 

Inail, “ Labor Tutor – Un percorso formativo sulla prevenzione dei fattori di rischio tipici del settore metalmeccanico”, realizzato in collaborazione con Enfea, edizione 2011, pubblicato nel mese di marzo 2012 (formato PDF, 6.33 MB).

 

 

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RTM

 

Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 

Fonte: puntosicuro.it