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Impianti eolici: i rischi delle manutenzioni

I rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori impegnati nella green economy: la manutenzione degli impianti eolici.
 

Sono disponibili sul sito di INAIL gli atti del 9° Seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione di INAIL) “Reti, sinergie, appropriatezza, innovazione: professioni tecniche verso il futuro della salute e sicurezza sul lavoro”.

Pubblichiamo un estratto tratto dalla sessione “Nuovi cicli e rapporti lavorativi, nuove tecnologie, nuovi rischi

 

I RISCHI PER LA SALUTE E LA SICUREZZA DEI LAVORATORI IMPEGNATI NELLA GREEN ECONOMY: GLI IMPIANTI EOLICI

[…]

 

ANALISI DEI RISCHI

Gli impianti eolici sia a terra sia in mare, in condizioni di esercizio ordinario, non necessitano di presidio e sono in grado di funzionare in maniera autonoma; il controllo del funzionamento e la gestione dei sistemi è svolta da remoto. La presenza dei lavoratori nel sito avviene in occasione delle attività di manutenzione organizzate sulla base dei report e delle segnalazione di anomalie durante il funzionamento che arrivano alla centrale di controllo.

Il ciclo di vita di un impianto eolico è articolato nelle seguenti fasi:

  • COMMISSIONING (realizzazione del sito, installazione e montaggio delle macchine eoliche, collegamento alla rete elettrica)
  • ESERCIZIO (gestione del funzionamento dell’impianto e produzione di energia elettrica)
  • DECOMMISSIONING (smantellamento delle torri e ripristino alle condizioni iniziali dei luoghi).

 

Nella fase di ESERCIZIO, normale attività produttiva, sono indispensabili interventi di manutenzione distinti in: PROGRAMMATA (lubrificazione, ingrassaggio, sostituzione di componenti usurate) e SU GUASTO (riparazione/sostituzione delle parti danneggiate).

Tali operazioni sono condotte da personale specializzato che, per le modalità con cui devono essere svolte, può essere esposto a rischi, anche considerevoli, per la sicurezza e salute.

 

I rischi considerati nei prossimi paragrafi sono riferiti ad installazioni a terra; ulteriori situazioni di rischio e di sicurezza sul lavoro devono essere affrontate negli impianti in mare. Al largo delle coste dell’Europa settentrionale sono presenti numerose di queste installazioni e recentemente in Italia è stato sbloccato l’iter autorizzativo del parco eolico off-shore nel Golfo di Taranto.

 

Analisi dei rischi aggiuntivi connessi alla collocazione dell’impianto

All’ubicazione e alla configurazione del sito sono connessi rischi aggiuntivi che possono contribuire ad aggravare i rischi connessi alle attività svolte all’interno delle macchine eoliche.

Un parco eolico è collocato, in genere, in luoghi distanti dai centri abitati, raggiungibile con difficoltà per mancanza di strade adeguate e l’accesso è anche condizionato dal verificarsi di eventi meteorologici; la mancanza di copertura della rete telefonica e spesso anche dei collegamenti radio, può ulteriormente aggravare le condizioni di lavoro.

 

Le situazioni di emergenze che possono accadere in un parco eolico sono: salvataggio in quota di personale ferito all’interno della navicella/torre; interventi di primo soccorso (shock, fratture, traumi); incendio; condizioni meteo o eventi sismici che necessitano la messa in sicurezza della/e turbina/e; sabotaggio. Per ognuno di essi devono essere definite le modalità e le responsabilità della gestione delle situazioni di emergenza al fine di ridurre al minimo le conseguenze per i lavoratori ed i soccorritori.

La conoscenza del territorio e delle distanze dai più vicini centri di soccorso (ospedali e caserme VVF) sono informazioni necessarie per la progettazione del parco eolico. La condivisione degli scenari di rischio con gli enti preposti al soccorso e le condizioni di operatività in cui possono essere chiamati ad intervenire gli operatori del soccorso quando accedono ai luoghi (orografia, altitudine, punti di accesso, coordinate geografiche, distanze delle turbine rispetto agli accessi, ecc..) sono importanti al fine di svolgere il soccorso in condizioni di sicurezza.

 

Analisi dei rischi specifici dell’attività all’interno dell’aerogeneratore

I rischi specifici sono quelli a cui sono esposti i lavoratori che accedono all’interno della navicella: chimico, meccanico, elettrico, incendio, lavori in quota ed in spazi ristretti.

Rischio Chimico: la recente normativa collegata alla valutazione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ha subito notevoli cambiamenti per il recepimento delle due direttive comunitarie: il Regolamento CE n. 1272/08 del 16 dicembre 2008 – Classification, Labelling and Packaging (CLP), entrato in vigore il 20 gennaio 2009, che introduce un nuovo sistema di classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e delle miscele, ed il Regolamento europeo n. 1907/06 – Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of CHemical substances (REACH), relativo alla produzione, alla commercializzazione e all’utilizzo degli agenti chimici che coinvolge produttori, distributori e tutti gli utilizzatori di sostanze chimiche. La loro entrata in vigore ha reso necessario, in tutti i settori produttivi, una nuova valutazione dell’esposizione ad agenti chimici.

Nel settore eolico il rischio di esposizione a tali agenti è rilevante soprattutto nella fase di produzione delle pale eoliche; durante la quale i lavoratori possono essere esposti a resine epossidiche, stirene e solventi, vapori e polveri sia per inalazione degli stessi sia per esposizione cutanea.

Il rischio chimico sussiste anche nella fase di esercizio degli impianti; infatti, le attività di manutenzione, programmata o su guasto, possono portare il lavoratore, che già opera spazi ristretti, all’esposizione a fumi, polveri e sostanze chimiche tossiche. Numerose sono anche le parti di impianto soggette a lubrificazione e ingrassaggio periodico: riduttore, cuscinetti albero primario, cuscinetti per il controllo del passo, generatore elettrico, ingranaggi imbardata, ingranaggi aperti.

 

I prodotti per la manutenzione maggiormente utilizzati sono: lubrificanti, olii minerali, fluidi per impianti di raffreddamento, grassi, solventi, detergenti e vernici.

Le caratteristiche tossicologiche di tali sostanze sono fortemente legate alla loro natura ed al grado di contaminazione degli additivi contenuti, nonché, al processo lavorativo che può portare alla degradazione termica ed a trasformazioni chimiche.

Durante gli interventi di manutenzione possono generarsi fumi e nebbie costituite da miscele complesse di sostanze aerodisperse composte principalmente da oli minerali, idrocarburi policiclici aromatici, aldeidi, composti eterociclici di varia natura (PCB, N-nitrosammine, ecc.), metalli provenienti dagli utensili e dagli ingranaggi in movimento.

Nelle vernici sono, invece impiegati nanomateriali per ridurre gli effetti atmosferici sulle componenti delle turbine eoliche e permettere il controllo ed il monitoraggio da remoto.

L’uso di nanomateriali pone potenziali problemi di esposizione per i lavoratori coinvolti sia nella fasi di produzione sia nella fase di esercizio e di decommissioning dell’impianto.

La peculiarità dell’attività lavorativa, rende opportuno effettuare un’attenta valutazione del rischio chimico al passo con l’evoluzione normativa, attuare misure specifiche di protezione e di prevenzione e curare l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori.

 

Rischio Meccanico: nella navicella la manutenzione programmata prevede interventi sui componenti meccanici dell’impianto ed i lavoratori sono quindi esposti a rischio impigliamento,

schiacciamento ed urto con parti in movimento. È necessario adottate misure tecniche e procedurali preventivamente discusse e approvate, idonee a ridurre al minimo possibile tali rischi. Esempi di interventi per la riduzione dei rischi sono: impedire l’avviamento accidentale delle parti temporaneamente ferme; applicare sistemi di frenatura efficaci, in caso di notevoli inerzie; prevedere dispositivi di comando manuale (ad esempio: azione mantenuta, a due mani, a spostamenti limitati, ecc.); pulsantiera di comando portatile e/o organi di comando localizzati in modo da poter sorvegliare gli elementi comandati.

Anche in questo caso la formazione, l’informazione adeguata e l’addestramento degli addetti sono essenziali.

Negli impianti di grandi dimensioni sono presenti ascensori di servizio per portare il personale e le attrezzature di lavoro dal piano di campagna alla navicella e paranco elettrico nella navicella per la movimentazione di attrezzature e parti di ricambio. Tali macchine devono essere gestite e mantenute secondo le normative vigenti.

 

Rischio Elettrico: l’accesso dei lavoratori alla navicella può verificarsi per manutenzioni di natura sia elettrica sia non elettrica. Nel primo caso, la sicurezza dal rischio elettrico ed, in particolare, nei confronti delle folgorazioni e dei possibili effetti termici connessi alla presenza dell’energia elettrica (innesco di incendi, ustioni) devono essere garantiti dalla realizzazione a regola d’arte dell’impianto elettrico a bordo dell’aerogeneratore e dalla corretta utilizzazione e manutenzione dello stesso.

Il primo obiettivo è conseguito attraverso la realizzazione dell’impianto elettrico dell’aerogeneratore in conformità alle norme tecniche (art. 81 d.lgs. 81/08). Si osserva che, nel caso in analisi, il d.m. 37/08 non è applicabile (ben diverso è il caso di impianti di autoproduzione fino a 20kW). Gli aerogeneratori rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Macchine, recepita con il d.lgs. 17/10, ed il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza previsti, anche in relazione al rischio elettrico, è assicurato dall’impiego delle norme tecniche armonizzate, attestato dalla dichiarazione CE di conformità, riportante l’indicazione delle norme adottate. La norma di riferimento per la progettazione delle turbine eoliche è la CEI EN 61400-1, che richiama, per l’equipaggiamento elettrico di bordo, la IEC 60204-1 (CEI 44-5), la CEI EN 60204-11 (CEI 44-15) per la parte in alta tensione e la IEC 60364 (CEI 64- 8) per gli impianti fissi “non quelli installati nelle macchine”.

Utilizzo e manutenzione corretta dell’impianto sono conseguiti attraverso l’adeguata formazione del personale e la predisposizione e l’attuazione di specifiche procedure, conformi all’art. 80, co. 3 e 3bis del d.lgs. 81/08. Le procedure devono tenere conto “delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d’uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche”.

 

Le norme CEI EN 61400-1 e CEI EN 50308 forniscono indicazioni per l’esercizio e la corretta manutenzione; esse specificano i controlli da eseguire periodicamente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza. Tali indicazioni sono inserite nei manuali che il costruttore dell’aerogeneratore deve rendere disponibili ai sensi della Direttiva Macchine.

La verifica che tutti i passaggi sopra riportati siano effettivamente compiuti consente di ridurre ad un livello convenzionalmente accettabile il rischio elettrico per i lavoratori che accedono alla navicella ma che non devono intervenire direttamente su parti attive [1] non protette dell’impianto elettrico o in vicinanza di queste.

La gestione del rischio per i lavoratori che effettuano manutenzioni elettriche all’interno della navicella, che pertanto possono operare su parti attive non protette o nelle vicinanze, è conseguita, oltre a quanto indicato, con la specifica formazione dei lavoratori e attribuzione di profili professionali quali PES (Persona esperta in ambito elettrico) o PAV (Persona avvertita in ambito elettrico), in relazione ai tipi di intervento previsti, con l’eventuale attribuzione di idoneità all’esecuzione di lavori sotto tensione, con l’adozione di specifiche procedure di lavoro, l’individuazione di figure con precise responsabilità quali il RI (Persona designata alla conduzione dell’impianto elettrico) o il PL (Persona preposta alla conduzione del lavoro), l’impiego di idonee attrezzature di lavoro e DPI contro il rischio elettrico.

L’adozione delle norme tecniche CEI EN 50110-1 e CEI 11-27, consente di adempiere alle prescrizioni previste dagli artt. 82 e 83 del d.lgs. 81/08 in relazione ai cosiddetti lavori sotto tensione e ai lavori in prossimità di parti attive [2].

 

Per la protezione dal rischio di fulminazione, le misure adottate per i lavoratori che effettuano manutenzioni sia di natura elettrica sia di altra natura all’interno della navicella sono le stesse.

Tali misure consistono sostanzialmente nell’evitare la presenza di lavoratori all’interno della navicella durante i temporali oppure quando le condizioni meteorologiche possano determinare il verificarsi di scariche atmosferiche. La realizzazione di impianti di protezione contro le scariche atmosferiche in conformità alla norma IEC 61400-24 riguarda l’aerogeneratore.

 

Rischio Incendio: nelle turbine eoliche possono verificarsi incendi per fulminazione o errori tecnici e guasti. In tali casi, all’incendio partecipano lubrificanti, oli, parti elettriche in tensione oppure l’involucro stesso della navicella. Gli operatori sono esposti a tale rischio quando sono all’interno della navicella; pertanto, è fondamentale che siano mantenuti sempre efficienti i mezzi per la rilevazione e l’allarme, quelli per l’estinzione, la via di uscita, e che i lavoratori siano adeguatamente formati e addestrati contro l’incendio.

 

Rischio lavori in quota: gli interventi di manutenzione richiedono accessi alla parte sia interna sia esterna della navicella. La riduzione del rischio di caduta dall’alto può avvenire fornendo l’adeguata formazione ed addestramento all’utilizzo dei DPI di III categoria secondo standard formulati da organismi tecnici internazionali con l’intento di sviluppare una formazione comune e diffondere le migliori prassi tecniche e di sicurezza nelle operazioni di servizio e manutenzione dei generatori eolici.

 

Rischio da spazi ristretti: la navicella non è qualificabile come spazio confinato poiché l’ossigeno è sempre presente grazie alle aperture di ventilazione poste sulle pareti della struttura; tuttavia, le dimensioni dell’ambiente di lavoro (navicella, torre, pala) possono essere considerati come spazi ristretti. Interventi che richiedono “lavorazioni a caldo” oppure “accesso nella pala eolica” determinano uno scenario di rischio differente che deve essere opportunamente valutato.

I “lavori a caldo” svolti all’interno delle navicelle non prevedono operazioni che comporta no l’uso di fiamme libere ma lavorazioni che sviluppano calore o producono scintille ( saldatura).

Individuando le modalità e le attrezzature di lavoro adatte è possibile predisporre un “permesso di lavoro a caldo” ed applicare una procedura che prevede il controllo preventivo della navicella al fine di identificare e rimuovere eventuali elementi combustibili o infiammabili, ovvero segregarli opportunamente qualora non fosse possibile il loro spostamento, la presenza di idonei apprestamenti antincendio e l’uso di attrezzature idonee allo scopo. Al termine del lavoro deve essere eseguito un sopralluogo per accertare l’eventuale presenza di elementi caldi prodotti nel corso della lavorazione.

L’accesso nella pala eolica è necessario essendo la parte dell’impianto più esposta alle fulminazioni dirette dalle quali subisce un danno sotto forma di cricche più o meno profonde nella struttura. Con cadenza almeno annuale sono effettuate le manutenzioni, per contenere i danneggiamenti dovuti all’impatto del fulmine oppure per la necessità di raggiungere l’alloggiamento della scheda elettronica in cui sono registrate le fulminazioni che hanno colpito la pala.

La riduzione del rischio prevede l’adozione di procedure per l’accesso e l’addestramento degli addetti.

 

 

  1. I. BARRA, R. MAIALETTI

Inail – Direzione Generale – Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione

 

  1. PRINCIPE, G. TAMIGIO

Inail – Direzione Regionale Lombardia – Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione.

 

INAIL  – I rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori impegnati nella green economy: gli impianti eolici (formato PDF, 57 kB).

[1] Ai sensi della norma CEI 64-8, per parte attiva si intende un “conduttore o parte conduttrice in tensione nel servizio ordinario…”

[2] Il d.lgs. 81/08 considera i lavori sotto tensione e i lavori in prossimità di parti attive, senza definirli. Le definizioni sono presenti nelle norme tecniche applicabili, in particolare la CEI EN 50110-1 e la CEI 11-27.

 

Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 

Fonte: puntosicuro.it

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Mobbing e stress: l’importanza del contesto organizzativo

Un documento si sofferma sull’organizzazione del lavoro come sistema vivente e sul contesto in cui sorge l’azione del mobbing. La necessità di diagnosi in grado di declinare il disagio lavorativo su un piano organizzativo.
 

Milano, 25 Ott – Adriano Olivetti nel 1955 disse ai lavoratori di Pozzuoli che la fabbrica era concepita ‘alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza’. Una frase che sottolinea la convinzione che “non si può pensare agli aspetti economici di un’impresa senza pensare alle persone che ‘abitano’ il contesto dell’azienda” e la dimensione umana “resta un elemento con cui è doveroso fare i conti se si vuole riuscire a costruire qualcosa di importante e di utile”.

 

A ricordare questa frase di Olivetti e a parlare di dimensione umana e organizzazione è un intervento che si è tenuto ad un workshop di Firenze – organizzato dall’Associazione Italiana Benessere e Lavoro (un’associazione che continua l’esperienza del Network sullo Stress e il Disagio Lavorativo attivo presso l’ISPESL tra il 2006 e il 2010) – e che è stato presentato al convegno “Stress, molestie lavorative e organizzazione del lavoro: aspetti preventivi, clinici e normativo-giuridici. Le soluzioni possibili” organizzato da AIBEL, ATS Milano e SNOP (Milano, 7 giugno 2016).

 

 

Nell’intervento “L’organizzazione del lavoro come sistema vivente: Analisi organizzativa, valutazione del rischio lavoro correlato e limiti delle metodologie semplificate” , a cura del Dr. Enzo Cordaro (Presidente Associazione Italiana Benessere e Lavoro), ci si sofferma in particolare sul disagio sul lavoro, con particolare riferimento al fenomeno del mobbing e al lavoro dei vari Centri Clinici che operano in relazione al tema del disagio lavorativo.

 

Come interpretare il fenomeno del mobbing?

 

Per rispondere a questa domanda si indica che è importante provare a comprendere con precisione il “contesto organizzativo in cui sorge l’azione del mobbing, rivolgendo l’attenzione sulla cultura organizzativa che orienta i comportamenti delle persone che insistono in quell’organizzazione”. È importante altresì “svincolare l’analisi fino ad ora quasi esclusivamente riferita ai due ‘contendenti’ (mobber e mobbizzato) come gli attori principali di uno scenario che sembrava apparire come avulso dal contesto in cui il conflitto si generava”.

È insomma necessario “vedere la ‘scena’ inquadrata con un ‘grandangolare’ e non con un ‘teleobbiettivo’”: si deve “guardare anche il contorno della complessità di quello che si ‘muove’ nella realtà in cui si genera il problema mobbing, e non si deve rimanere chiusi nella stretta analisi duale”.

 

Infatti – continua l’analisi del documento – il mobbing si può considerare come il “frutto di una degenerazione della relazionalità che ha le sue origini nell’ambito di un processo organizzativo che imposta atteggiamenti e comportamenti riferiti a una cultura dominante: se nella cultura di un’organizzazione si potenziano comportamenti in cui la solidarietà nelle relazioni è bandita a favore di una feroce ed esasperata competitività, se le relazioni di funzionamento dell’organizzazione non prevedono la capacità di adeguamento da parte delle persone, se l’efficienza delle prestazioni non si rapporta ad un’adeguata efficacia delle azioni, se i processi comunicativi sono interdetti a favore di un controllo esasperato delle relazioni, se non c’è la volontà di risolvere la conflittualità relazionale che si può generare all’interno dei gruppi di lavoro, siamo, conseguentemente, in una condizione di forte rischio sociale che in quell’organizzazione può esprimere un’azione espulsiva delle persone”.

 

E tra l’altro è la stessa Associazione Italiana Benessere e Lavoro (AIBeL) a proporre un sistema interpretativo “articolato all’interno di una processualità che si compie nell’ambito di un contesto che si riferisce alla struttura dell’organizzazione dell’impresa e che detta le regole di funzionamento alle persone, le quali condizionano il modo di lavorare, e impostano una cultura organizzativa che definisce comportamenti e modelli comunicativi e relazionali tra i soggetti”.

 

Se si chiarisce l’importanza del contesto organizzativo “che funziona come setting in cui si generano e si caratterizzano le relazioni”, ci si può riferire al mobbing come fenomeno processuale. Si può considerare la processualità che “induce alla definizione della qualità della vita interna a quell’organizzazione; ovvero la complessità dinamica in cui si articola la relazionalità dei soggetti per saper distinguere e comprenderne la dinamica sociale e valutarne la disfunzionalità”.

 

Ad esempio quando in un’azienda “si configura una condizione di precarietà che impone programmi di emergenza e non si ha la capacità di proporre un progetto stabile per il superamento del conflitto, si può definire una situazione di rigidità nelle regole organizzativeche possono aggravare la complicazione concernente le costrittività organizzative (aumento della quantità di lavoro, riduzione delle garanzie, incremento dei controlli ossessivi, diminuzione dei tempi di riposo etc.), che riducono lo spazio di autonomia lavorativa individuale e aumenta la fatica”. Ed è una condizione che “genera stanchezza fisica e psichica, caduta dell’attenzione, incremento dell’errore, irritabilità, noia e aggressività. In questa situazione il disagio individuale può assumere anche connotazioni alte, si può incrementare il rischio clinico, ma il rischio dell’insorgenza di patologie stress lavoro correlato sono limitate”.

 

Qualora poi il sistema dei provvedimenti provvisori “divenga stabile nel tempo, la dimensione dell’organizzazione incrementa ulteriormente il livello di costrittività, aumenta il livello di fatica e il disagio invade anche la sfera più intima che riguarda la percezione del sé riferito alle proprie competenze lavorative. In questo caso si attiva anche la costrittività esistenziale del lavoro, che si riferisce alla stabilità dell’immagine che le persone costruiscono all’interno del ruolo e delle attività che ricoprono sul posto di lavoro, e misura il livello di scostamento dall’immagine soggettiva della realtà in cui ciascun soggetto è inserito. Questo non fa che implementare il disagio apportando, ai problemi sopra citati, altri problemi, come il disinteresse all’attività lavorativa, la caduta dell’immagine positiva di sé, il senso d’inutilità, un certo disturbo dell’umore con connotazioni depressive, l’ansia come emozione prevalente che accompagna l’atto lavorativo, reazioni psicosomatiche”.

 

E se il sistema vivente – l’organizzazione lavorativa – non riesce ancora a trovare soluzioni per recuperare quanto descritto, la “condizione successiva caratterizza l’insorgenza delle costrittività relazionali, che definisce una condizione dove si esplica una dominanza delle modalità comunicativa simmetrica rigida, si incrementa la conflittualità e la confusione sui contenuti dello scambio comunicativo (l’oggetto del confronto perde la sua identità cognitiva per caratterizzarsi solo come dominante emotiva di espressione di potere), si altera l’affettività, il gruppo diviene competitivo e conflittuale, si genera una condizione di passività relazionale, che caratterizza una cultura del sistema con aspetti ansiosi e paranoidei”.

E in una situazione di disallineamento delle reti conversazionali e rottura delle architetture comunicative si può arrivare alla “tempesta perfetta”, situazione “in cui da un rischio di patologiestress lavoro correlato, si passa ad un forte rischio dove si attivano atteggiamenti di mobbing e, ancora più grave, si generano nuclei di reti morenti, ovvero nuclei che non riescono più a garantire una rete comunicativa e un passaggio comunicativo adeguato alle esigenze di una buona organizzazione, implementando il disagio e l’incomunicabilità dei settori dell’organizzazione”.

 

In definitiva questa visione sistemica “dove i soggetti di un’organizzazione sono direttamente rapportati al contesto che li contiene, non può essere soddisfatta da una diagnosi di tipo fenomenologico, utile per inquadrare la sofferenza individuale”. È necessaria anche una “diagnosi proposizionale”, una “diagnosi capace di declinare quel disagio sul piano organizzativo”.

 

L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente e che si conclude parlando dei compiti deicentri clinici delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere Universitarie che attualmente si occupano del disagio mobbing compatibile e della certificazione delle patologie mobbing correlate, sottolinea infine la dimensione sociale e organizzativa.

 

Infatti in una diagnosi di disagio da lavoro “non si possono non tenere in considerazioni tutte le parti che compongono il sistema, perché è solo se riusciamo a leggere il dato complessivo che possiamo avere una giusta considerazione delle dimensioni specifiche, ad esempio del disagio individuale”. E non si può pensare di “definire la correlazione tra il disagio individuale e la dimensione lavorativa se non si conoscono le condizioni della dimensione sociale in cui il soggetto esplica la sua attività lavorativa”.

 

 

“ L’organizzazione del lavoro come sistema vivente: Analisi organizzativa, valutazione del rischio lavoro correlato e limiti delle metodologie semplificate” , a cura del Dr. Enzo Cordaro (Presidente Associazione Italiana Benessere e Lavoro), intervento al convegno “Stress, molestie lavorative e organizzazione del lavoro: aspetti preventivi, clinici e normativo-giuridici. Le soluzioni possibili” (formato PDF, 130 kB).

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

 

Fonte: puntosicuro.it

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